sovrapposizioni ha compiuto una spedizione nel vortice del sottosuolo. Le fogne hanno stressato il razionale, un’esperienza oscura al limite tra uomo e natura, senso e devastazione. Nell’oscurità dell’underground abbiamo trovato di tutto, ma abbiamo anche capito che già dire fogna è dire troppo: sotto e sopra nella fogna evacuano, e la cloaca monta.

Questione pratica: come accedere a una percezione non codificata senza sgretolarsi in una regressione catastrofica dell’indifferenziato? sovrapposizioni è questo sforzo pratico, infinito, impossibile. Dall’inizio, fino a dove si può far ancora uscire un barlume di luce dal buio. Come fare fogna con occhi di topo?

I subacquei del pensiero scendono per arrivare lì dove la ragione sufficiente è piegata, dove si rivela il duplice lato della rappresentazione: da un parte fondata nella forma, dall’altra immersa in una stagione “che resiste a tutte le forme e non si lascia rappresentare”.

I subacquei del pensiero risalgono con gli occhi iniettati di sangue. Perché pensare è una violenza che si esercita su se stessi, vuol dire offrirsi in sacrificio, mettere la pelle sul tavolo, sulla scrivania, ricorrere a mezzi poco confessabili, poco razionali e ragionevoli come sogni, patologie, ebbrezza ed eccesso, gioco, esperienze esoteriche ecc.

Ognuno ha in sé il germe della propria distruzione, deve solo trovarlo e coltivarlo. Prendersene cura. Scrivere, disegnare, incidere, mappare. Sovrapporre e strappare. Creare intersezioni impossibili, gettare segni e suoni dove prima non c’era nulla.

Non c’è una strada, ma mille vie ancora da tracciare. Testi, fotografie, collage, diari di esperienze, codici cifrati, partiture, apparizioni: le ossessioni si spartiscono. Non ci sono risposte, ma faglie, incrinature, spostamenti di senso. sovrapposizioni è la superficie di scorrimento.

Non si accede: si scivola. Non si guarda: si socchiude l’occhio fino a che il contorno non si dissolve e resta solo il riverbero. Il codice è una ferita che si incrosta, il non codificato è il sangue ancora liquido. Non si sceglie mai, la crosta incrosta e il sangue scorre nelle vene che non decidono il loro percorso, ma lo sono.

sovrapposizioni è questo scivolamento controllato, questo inciampo metodico. Non una navigazione, ma una deriva vigilata, fino a che il terreno sotto i piedi smette di rassicurare e inizia a vibrare. Fino a che la luce nel buio non è più un faro, ma un baluginare intermittente, un sussurro ottico che dice: “qui”. Qui, dove la stabilità è un’apparenza e l’apparenza una crepa.

L’invito si fa varco, apertura che anela a essere riempita: inviare un contributo che si insinui nel solco di questa deriva, di questa non-ricerca e non-analisi del caos. Scadenza il 30 giugno, scrivendo a contatti@sovrapposizioni.com.

Scrivere, disegnare, incidere, frammentare, connettere, deformare. Lasciare tracce, rivelare ombre, attraversare il testo con il corpo e il corpo con il testo.

Ogni segno è una frattura, una ferita, una possibilità: la stampa attende.